UNO SGUARDO AL MONDO DELLA DISABILITÀ
Disabilità: la sola enunciazione dei numeri che questa parola evoca, vale più di mille esempi: secondo uno studio del Censis ammonta a 4 milioni il numero dei portatori di handicap oggi in Italia, pari a quasi il 7% della popolazione attuale, cifra destinata a salire a 4,8 milioni nel 2020, quota pari al 7,9% della popolazione, sino ad arrivare a 6,7 milioni nel 2040 quota pari al 10,7% dell’intera popolazione. Ancor più eclatanti i numeri resi noti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità: nel 2011 i disabili nel mondo avevano raggiunto la cifra di un miliardo, pari agli abitanti di tutta la Cina o l’India. Ogni giorno nel mondo 10.000 persone nascono o diventano disabili, un fenomeno spesso sottaciuto, ma che, almeno in Italia, oltre ai risvolti sociali che ciò comporta, rischia di diventare uno dei principali fattori di impoverimento delle famiglie che ne sono toccate.
Le continue scoperte scientifiche, mediche e farmacologiche, l’elevato standard sanitario della nostra regione e, pur con le sue sacche di inefficienza, anche della nostra nazione, permettono di superare l’acuzie di malattie sino a non molto tempo fa letali. Cicli di cure e presidii sanitari sempre più evoluti hanno notevolmente aumentato la vita media, e reso possibile la sopravvivenza anche in concomitanza di patologie altamente invalidanti. Ma quella stessa sanità che salva la vita, e contribuisce ad allungarla, restituisce le persone alle rispettive famiglie sempre più spesso senza gli adeguati ammortizzatori sociali necessari a garantire loro anche una dignitosa qualità della vita stessa.
I costi necessari ad accudirle e curarle finiscono per essere l’unico termine di paragone attraverso il quale valutarle, e la loro dignità sacrificata per il raggiungimento di complicati indici finanziari. Eppure nonostante questi dati allarmanti il fenomeno oggi in Italia non appare evidente in tutta la sua sconvolgente gravità, forse perché il disabile fa parte di un popolo “invisibile”, che spesso e volentieri ha una vita sociale limitata, oltre che per ragioni derivanti dalla sua condizione fisica o psicologica, anche per limiti di carattere culturale, architettonico ed economico, che sarebbe compito di uno Stato efficiente eliminare. In tempi di crisi economica perdurante, il tracciato della vita di un portatore di handicap rischia di apparire solo attraverso gli indici di povertà segnalati da un modello ISEE, la cui ultima versione è stata cassata in alcune sue parti fondamentali da una sentenza del Consiglio di Stato, ma nel frattempo ha privato per più di un anno centinaia di migliaia di cittadini dei loro legittimi diritti, costringendoli ora ad affrontare un intollerabile iter burocratico per recuperarli.
Quando la disabilità colpisce una persona, colpisce anche tutta la famiglia, costretta ad enormi sacrifici per provvedere alla sua assistenza, primo fra tutti la rinuncia ad un lavoro stabile di almeno uno dei suoi componenti, i cosiddetti “caregiver” familiari, che non solo non godono di alcuna retribuzione, ma per lo stesso motivo non sono in grado di versare alcun contributo, vedendosi pertanto condannati non solo ad un presente, ma anche ad un futuro di indigenza.
Modelli di disabilità, valori, principi e diritti umani
A chi ci si riferisce quando si parla di persone con disabilità?
Nel tempo sono stati proposti diversi e numerosi modelli concettuali per comprendere e spiegare la disabilità. Modelli ed approcci con conseguenze importanti per la vita delle persone con disabilità e delle loro famiglie perché hanno determinato non solo il modo con cui le Comunità considerano la disabilità, ma anche le politiche, le pratiche, i trattamenti ed i servizi rivolti a queste persone.
Parlare di disabilità oggi significa quindi confrontarsi con l’evoluzione di tali modelli che hanno condotto alla Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute (ICF – OMS 2001), al modello bio-psico-sociale ed infine alla Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, ratificata dall’Italia con la L. 18/09. Evoluzioni che hanno contribuito a definire il modello basato sui diritti umani e strutturato su alcuni principi e concetti fondamentali: non discriminazione, accomodamento ragionevole, inclusione sociale e lavorativa, accessibilità, diritto all’autodeterminazione, valorizzazione del ruolo attivo di cittadini, partecipazione alla vita della comunità.
Inclusione Lavorativa
Il lavoro rappresenta da sempre, e per tutti, uno degli strumenti più importanti per l’inclusione sociale. L’art. 27 della Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità riconosce il diritto delle persone con disabilità al lavoro, includendo in ciò l’opportunità di mantenersi attraverso la propria attività lavorativa e la libertà di scelta all’interno di un ambiente lavorativo inclusivo ed accessibile.
Ad oggi, nonostante quanto ampiamente ribadito sia a livello nazionale che a livello internazionale dalla Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, i casi di discriminazione nel mondo del lavoro sono purtroppo molteplici e diventano addirittura doppi per le donne con disabilità e per le persone con disabilità intellettive e del neurosviluppo.
Supporto all’autonomia ed alla vita indipendente/interdipendente
Quello alla vita indipendente è oggi un diritto di tutte le persone con disabilità; le modalità di promozione e riconoscimento reale di questo diritto possono essere diverse, ma non possono prescindere dal supporto alla realizzazione di progetti di vita globali e integrati, sostenuti da una presa in carico pubblica.
Inclusione Scolastica
Il diritto ad avere un’istruzione di qualità all’interno delle scuole di tutti ed in modalità inclusiva è sancito da molte buone norme italiane ed in ultimo dalla Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità e tradotto in pratica in molti contesti e territori grazie ad innovazioni didattiche e metodologiche, ed avanzamenti culturali e tecnologici.
Il contesto familiare delle persone con disabilità
La famiglia rappresenta il primario ambiente educativo e di accoglienza costituendo lo spazio di vita esperienziale nel quale la persona vive e sperimenta la relazione con l’altro fin dai primi momenti di vita. Ciò è valido per tutte le persone ed assume specifiche peculiarità per le persone con disabilità alle cui famiglie spetta un compito spesso complesso che necessita di essere adeguatamente sostenuto in un’ottica di ciclo di vita.
Promozione di stili di vita attivi e della salute
Da questo punto di vista, la grande sfida da cogliere è quella di far acquisire alle persone con disabilità la voglia di fare sport per il divertimento e il piacere di fare attività fisica, per soddisfare la voglia di gioco e di agonismo ed al tempo stesso acquisire e diffondere consapevolezza – anche tra le famiglie, gli operatori, le istituzioni – sulla salute nell’ottica di un bene-essere fatto di stili di vita sani e il più possibile attivi, ma anche di un buon rapporto con se stessi, con gli altri e con l’ambiente. Lo sport riesce inoltre a essere un efficace strumento educativo e formativo, importante mezzo per promuovere la persona e il suo benessere.
La classificazione ICF
La Classificazione internazionale del Funzionamento della Disabilità e della Salute è stata elaborata dall’OMS con il supporto di associazioni di persone con disabilità, esperti provenienti da diversi paesi e centri collaboratori. Approvata da 191 Paesi, tra cui l’Italia, è lo standard internazionale per misurare e classificare salute e disabilità. Si tratta di uno strumento con ricadute importanti sulla pratica medica, sulla ricerca, sulla statistica e sulle politiche, che ha contribuito e contribuisce fortemente anche alla stessa concettualizzazione della disabilità.